Formazione: il ruolo dell’educatore ponte

on 2 Marzo 2016

Da sempre mi ha appassionato l’attività di formazione, credo sia un’attività importante per ciascuno di noi dato che in un modo o nell’altro ci accompagna da bambini fino all’età adulta. Da alcuni anni me ne occupo direttamente sia in ambito professionale sia in ambito personale (leggasi “figli”).

Ciò che mi piace della figura del formatore – per come la immagino io – è che incarna il concetto di ‘’equilibrio’’ in contrapposizione alla cultura del “best in class”.  Un buon formatore dovrebbe sintetizzare un mix equilibrato di conoscenze tecniche e capacità relazionali: essere il massimo esperto nel proprio settore ma non riuscire a creare un collegamento di tipo emotivo-intellettuale con il proprio audience fa decadere il fine ultimo della formazione che è quello di trasmettere, condividere, ispirare gli altri. Per contro il caso opposto, ovviamente fa scadere il tutto in una forma di intrattenimento che – seppur possa anche apparire piacevole – non incentiva la crescita.

Recentemente mi sono domandato se tra la vastissima offerta letteraria ci fosse qualche riferimento che sintetizzasse l’essenza del formatore. Svolgendo alcune ricerche mi ha incuriosito il racconto di F. Kafka “il ponte” e alcune interpretazioni della figura del ponte-formatore.

“Ero rigido e freddo; ero un ponte gettato sopra un abisso. Da questa parte erano conficcate le punte dei piedi, dall’altra le mani: avevo i denti piantati in un’argilla friabile. Le falde della mia giacca svolazzavano ai miei fianchi. Giù nel profondo rumoreggiava il gelido torrente dove guizzavano le trote. Nessun turista veniva a smarrirsi in quelle alture impervie, il ponte non era ancora segnato sulle carte. Così giacevo e aspettavo, dovevo aspettare. Una volta gettato, un ponte non può smettere di essere ponte senza precipitare. Un giorno verso sera – fosse la prima, fosse la millesima, non saprei dire – i miei pensieri erano un guazzabuglio, e facevano una ridda. Verso sera, d’estate, più cupo scrosciava il torrente, ecco che udii un passo umano! A me, a me! Stenditi, ponte, mettiti all’ordine, trave senza spalletta, sorreggi colui che ti è affidato. Compensa insensibilmente l’incertezza del suo passo, ma se poi vacilla, fatti conoscere e lancialo sulla terra come un Dio montano. Egli venne, mi percosse con la punta ferrata del suo bastone, poi sollevò le falde del mio abito e me le depose in ordine sul dorso. Infilò la punta del bastone nei miei capelli folti e ve la mantenne a lungo; probabilmente egli si guardava d’intorno con aria feroce. Poi a un tratto – io stavo appunto seguendolo trasognato per monti e valli – saltò a piedi giunti nel mezzo del mio corpo. Rabbrividii per l’atroce dolore, del tutto inconscio. Chi era? Un fanciullo? Un sogno? Un grassatore? Un suicida? Un tentatore? Un distruttore? E mi volsi per vederlo. Il ponte che si volta! Non ero ancora voltato e già precipitavo, precipitavo ed ero già dilaniato e infilzato dai ciottoli aguzzi che mi avevano sempre fissato così pacificamente attraverso l’acqua scrosciante.” (il ponte, F.Kafka)

‘’Ero rigido e freddo; ero un ponte gettato sopra un abisso’’ sintetizza abbastanza fedelmente la sensazione iniziale che si ha durante i primissimi istanti di qualsiasi attività di formazione, in cui non si è ancora riusciti a creare un collegamento con il proprio audience. Si possono identificare chiaramente le due sponde, tu da un lato, loro dall’altro. Fino al momento in cui il ghiaccio si rompe e la comunicazione può fluire più distesa.

“Compensa insensibilmente l’incertezza del suo passo, ma se poi vacilla, fatti conoscere e lancialo sulla terra come un Dio montano” trovo sia una delle immagini che meglio descrivano l’attività del formatore. Compensare e sostenere anche qui un bel gioco di equilibrio, ma quant’è difficile! Pensiamo ai nostri figli, spesso ci diciamo “dobbiamo permettergli di commettere degli errori per imparare”, ma d’altro lato abbiamo la sensazione che lasciandoli sbagliare sia venuto meno il nostro ruolo di educatore. Anche qui ritorna il concetto di equilibrio, sta nella nostra esperienza capire se si tratta solo di “incertezza nel passo” o di vero e proprio “vacillare”. Una bella sfida.

educatore-ponte-internaTuttavia il finale mi lascia perplesso: l’autore fa capire come ci sia il momento in cui si è ponte, e c’è il momento in cui si è incontro con uno scambio e riconoscimento reciproco (“E mi volsi per vederlo”). Mettere tutto in un unico momento logico, secondo l’autore, non è possibile, si crea un cortocircuito che porta al crollo.

Rimanendo fedeli alla lettura del racconto basata sulla figura dell’educatore-ponte – ammesso che questa sia corretta – personalmente non condivido quest’ultimo aspetto.  Non c’è stato incontro di formazione a cui ho partecipato da formatore in cui non sono uscito arricchito, avendo instaurato il famoso cortocircuito e lasciandomi contaminare dalle esperienze, idee ed opinioni altrui. Questo significa riuscire a mettersi parzialmente in discussione come formatore o semplicemente togliersi temporaneamente dal punto focale dell’attenzione. Tuttavia in questo modo si porta l’attività di formazione ad un altro livello, in quanto con il coinvolgimento di tutti i partecipanti si instaura un flusso comunicativo a 360° e non più solo bidirezionale. Non si parla più solo di case history o casi astratti, ma le esperienze di ciascuno diventano spunto di riflessione, analisi e arricchimento … anche per il formatore.

Cortocircuito, contaminazione culturale è questo ciò che manca al personaggio dell’educatore-ponte?

 

 

 

misurarsi-per-migliorare-05

misurarsi-per-migliorare-06Autore: Stefano Milanese

Ingegnere Gestionale, si occupa di consulenza e formazione dopo aver maturato una più che decennale esperienza con ruoli di responsabilità nelle aree Supply Chain e Logistica presso multinazionali leader nei settori consumer goods e fashion.

adminFormazione: il ruolo dell’educatore ponte