Novità per il Superbonus in edilizia

on 1 Giugno 2023

Nonostante il cambio di governo anche nel 2023 è disponibile un ampio menu di bonus edilizi. Ma il quadro ha subito delle modifiche sostanziali: l’uscita di scena del bonus facciate, la riduzione, tranne che per alcune eccezioni, dell’aliquota agevolativa del superbonus al 90%, il nuovo tetto di spesa per il bonus mobili, sceso a 8.000 euro contro i 10.000 euro del 2022. Un’altra novità scattata con il 2023 è l’obbligo di affidare l’esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro a imprese che al momento della sottoscrizione del contratto di appalto o subappalto sono in possesso della certificazione SOA.

Ecco il testo del Decreto-legge n. 11/2023 che pone fine allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti edilizi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 16.02.2023 n. 40. Il testo è composto da soli 3 articoli:

  • 1. Modifiche alla disciplina relativa alla cessione o sconto in luogo delle detrazioni fiscali di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77
  • 2. Modifiche in materia di cessione dei crediti fiscali
  • 3. Entrata in vigore

Come è noto a partire dal 17 febbraio 2023 non è più possibile utilizzare le forme alternative alla detrazione fiscale per gli interventi edilizi indicati all’art. 121, comma 2 del Decreto Rilancio [n. 34/2020], ovvero in relazione a interventi di:

  • Recupero del patrimonio edilizio;
  • Efficienza energetica;
  • Adozione di misure antisismiche;
  • Recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti;
  • Installazione di impianti fotovoltaici;
  • Installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • Superamento ed eliminazione di barriere architettoniche.

Con alcune esclusioni. Eccezioni

Per quanto riguarda queste ultime, si stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 articolo 2 del presente decreto, non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi di cui all’articolo 119 del Decreto Rilancio [n. 34/2020], ovvero:

  • per gli interventi, diversi da quelli effettuati dai condomìni, per i quali in data antecedente al 17 febbraio 2023 risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata [CILA];
  • per gli interventi effettuati dai condomìni, per i quali in data antecedente al 17 febbraio 2023 risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata [CILA];
  • per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali in data antecedente al 17 febbraio 2023 risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Il comma 3 inoltre stabilisce che, le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi diversi da quelli di cui all’articolo 119 del Decreto Rilancio [n. 34/2020], per i quali in data antecedente al 17 febbraio 2023:

  • risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
  • per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori;
  • risulti regolarmente registrato il contratto preliminare ovvero stipulato il contratto definitivo di compravendita dell’immobile nel caso di acquisto di unità immobiliari ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o ai sensi dell’articolo 16, co. 1-septies, del Decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90.

Tra le novità introdotte: L’agevolazione per molti scenderà dal 110% al 90% e ci saranno alcune nuove regole. Il Governo precedente ha lavorato per cambiare il contributo per i lavori di efficientamento energetico nelle abitazioni, tentando di risparmiare alcuni miliardi di euro nei prossimi anni. Contemporaneamente, tra decreto Aiuti quater e legge di Bilancio, si è tentato di sbloccare il caos sulla cessione del credito, aiutando imprese edilizie e banche, ma anche di introdurre ulteriori strette per limitare le frodi. Il prossimo anno, quindi, questo bonus rimarrà ancora uno tra i più onerosi per le casse dello Stato, ma anche tra i più vantaggiosi per i cittadini, ma bisognerà stare attenti ai nuovi limiti e requisiti. Vediamo nel dettaglio tutte le regole per il 2023.

Superbonus 2023, chi lo riceverà al 90% e chi al 110%

Nel 2023 l’aliquota del Superbonus scenderà al 90%. Riguarderà tutte le spese, ma non quelle per i lavori nei condomini per cui è stata depositata la Cilas [Comunicazione di inizio lavori asseverata superbonus] entro la fine del 2022. Le scadenze, in realtà, sono state due: entro il 25 novembre o entro il 31 dicembre, per le delibere già approvate entro il 18 novembre. In questo caso è obbligatoria un’autocertificazione dell’amministratore dei condominio sulla data dell’assemblea in cui è arrivata la delibera. In caso di falsa dichiarazione scattano le sanzioni, anche penali. Tutto ciò vale anche per i cosiddetti condomini «familiari» [immobili di un unico proprietario o in comproprietà con massimo quattro unità immobiliari per uso residenziale e accatastate in modo distinto]. Lo sconto fiscale al 110% vale infine per interventi di demolizione e ricostruzione se si è fatta domanda al Comune entro il 31 dicembre 2022.

Superbonus, cosa cambia per le villette

Per chi ha realizzato almeno il 30% dei lavori entro il 30 settembre vale il Superbonus 110% fino al 31 marzo 2023, poi scende al 90%. Per chi non ha avviato i lavori entro quella data ci saranno nuove regole per villette e immobili autonomi: potranno usufruire dello sconto solo coloro che usano quella come abitazione principale e che hanno un reddito di riferimento entro i 15mila euro annui, sommando i redditi della famiglia e dividendoli per i nuovi quozienti familiari. In questo caso non viene riconosciuta l’agevolazione al familiare convivente del proprietario.

I lavori ammessi

Per avere lo sconto bisogna realizzare almeno uno tra i lavori trainanti, a cui si possono aggiungere altri interventi [i cosiddetti trainati].

I primi sono: cappotto termico o interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria.

I secondi: il montaggio di pannelli solari; il montaggio di accumulatori di energia collegati ai pannelli solari; gli interventi previsti dal vecchio ecobonus; la realizzazione delle colonnine per caricare le batterie delle auto elettriche.

I limiti di spesa e le regole nel 2023

Dal 1° gennaio ci si potrà rivolgere solo a imprese edili che posseggono o hanno chiesto la certificazione Soa per appalti che valgono oltre 516 mila euro. Questa attestazione garantisce che l’impresa abbia la competenza necessaria e gli adeguati mezzi economici per portare a termine i lavori: un modo per evitare alcune truffe degli ultimi due anni, con soldi rubati allo Stato e lavori fantasma. Come nel 2022 i limiti di spesa per il cappotto termico vanno dai 30mila ai 50mila euro a seconda del tipo di abitazione, mentre gli interventi sulle parti comuni degli edifici hanno soglie di spesa tra i 15mila e i 30mila euro.

Le scadenze del Superbonus

Queste le nuove scadenze del Superbonus:

  • edifici unifamiliari [le villette, immobili residenziali funzionalmente indipendenti]: la scadenza per lo sconto al 110% è stato il 31 dicembre 2022 se entro il 30 settembre è risultato effettuato almeno il 30% dei lavori, altrimenti lo sconto è sceso al 90% per chi ha un reddito entro i 15mila euro;
  • edifici di Iacp ed enti assimilati: 31 dicembre 2023 a condizione che entro il 30 giugno 2023 sia effettuato il 60% dei lavori, con sconto al 110% o al 90% a seconda di quando è stata depositata la Cilas;
  • condomini ed edifici a proprietà unica e con un numero di abitazioni da 2 a 4: la scadenza è il 31 dicembre 2023, con sconto al 110% o al 90% sempre a seconda di quando è stata depositata la Cilas;

Cosa cambia su cessione del credito e sconto in fattura

Per usufruire del credito d’imposta maturato, al 110% o al 90%, si potrà ancora: portare in detrazione il credito nella dichiarazione dei redditi; cedere il credito d’imposta alle banche; ottenere uno sconto in fattura dall’impresa edile. Le novità del 2023 consistono in un ampliamento delle cessioni che possono essere fatte nel sistema bancario, per consentire agli istituti di cedere i crediti in pancia e acquistarne di nuovi. La prima cessione può essere fatta a chiunque, le altre sono valide solo se ci si rivolge al sistema finanziario regolamentato per legge. Si possono fare fino a tre cessioni e le banche possono poi dare i loro crediti a correntisti con partita Iva in ogni momento. Infine chi ha acquistato crediti fino al 31 ottobre 2023 può utilizzarli in un arco di tempo più lungo, cioè fino a 10 rate e le imprese in difficoltà che non riescono a cederli possono chiedere prestiti ponte con garanzia statale fornita da Sace [Assicurazione al Credito].

gianni-milaneseGiugno 2023 – Fonti Web

Leggi tutto
adminNovità per il Superbonus in edilizia

Etica delle TIC Industrie delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione

on 1 Giugno 2023

Come è noto, ormai da alcuni anni ed a maggior ragione in questa fase critica della nostra società e dell’economia, l’Etica è divenuta una sfida globale sia per le Industrie ICT/TIC [Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione] che la teorizzano sia per le aziende che l’applicano.

La Norma europea [EN] 16234-1, Quadro Europeo di Competenza Elettronica [e-CF] fornisce un riferimento a 41 ‘Competenze’ applicate sul posto di lavoro delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione [TIC], utilizzando una lingua comune per competenze e conoscenze che possono essere compresi in tutta Europa. L’e-CF si adatta all’applicazione da parte di organizzazioni di servizi TIC, utenti e forniture, Multinazionali e PMI, per manager ICT, dipartimenti e individui delle risorse umane, Istituti di istruzione, compresi Fornitori di istruzione superiore e certificazione privata, parti sociali, analisti di mercato, responsabili politici e altre organizzazioni nel settore pubblico e privato.

L’obiettivo del Progetto messo a punto dalla UE è di giungere alla pubblicazione di una specifica tecnica CEN  [CEN/TS] quale parte integrante del “Quadro Europeo di Etica professionale per la Professione di ICT” che includa una metodologia ed una Guida alla sua applicazione. Esso mira a rafforzare la professione ICT in Europa e prenderà in considerazione prospettive sfaccettate degli stakeholder da parte degli organismi nazionali: dell’Organizzazione professionale ICT, dei professionisti delle TIC e delle loro prospettive educative. La deontologia è una componente essenziale di qualsiasi attività professionale. Esempi di spicco si trovano nel Diritto e nella Medicina, dove la comprensione reciproca porta a risultati migliori e differenzia le professioni dei posti di lavoro. Una forza lavoro professionale nel settore delle TIC in tutta la società e nell’industria europea sosterrà e migliorerà lo scambio di risorse e servizi ICT nel Mercato Unico Europeo.

Tra gli aspetti affini all’etica delle ITC vi è il Risparmio energetico. Sono circa 20  anni  che le tecnologie dell’ICT permettono un migliore controllo dei processi in settori quali: edilizia, trasporti, industria e distribuzione dell’energia elettrica, ma l’idea di individuare nelle tecnologie dell’ICT un’opportunità per favorire l’incremento dell’efficienza energetica [di grande attualità in questo periodo] è un fatto relativamente nuovo, che potrebbe permettere di risolvere l’incoerenza tra il modello tradizionale di sviluppo economico e la necessità di un continuo incremento dei consumi energetici.

gianni-milanese

Giugno 2023  – Fonti Web

Leggi tutto
adminEtica delle TIC Industrie delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione

La strategia europea per la Responsabilità Sociale d’Impresa e la Sostenibilità

on 1 Giugno 2023

L’Unione Europea [UE] definisce la Responsabilità Sociale d’Impresa [RSI] oppure CSR, dall’inglese Corporate Social Responsibility, come una “Consapevolezza attiva“, ovvero come una “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali, ecologiche e di sostenibilità delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate“.

Sarà per la speranza di un vento nuovo generalizzato, proiettato verso la salvaguardia dell’ambiente, la post Pandemia e la post Belligeranza che si vorrebbe soffiasse sull’economia, sarà perché i tempi stanno lentamente cambiando [Non molto tempo fa l’economista Edward Freeman teorizzava che “Per le imprese non è più tempo di fare solo soldi, ma anche di condividere il valore ed i valori”], eppure il tema dei comportamenti socialmente responsabili, dell’attenzione alle risorse umane e materiali, della necessità di uno sviluppo sostenibile, ha conquistato spazio non solo tra le aziende, ma anche nel non profit, nelle università e, quel che più interessa, nei Governi. Come noto il significato di Responsabilità Sociale d’Impresa è la capacità di coniugare il profitto con l’attenzione all’ambiente e al sociale. Non è un’attività tattica o residuale e non può essere considerata uno strumento per risolvere problemi contingenti. È una scelta strategica capace di incidere sui piani dell’organizzazione nel breve, medio e lungo periodo. È esattamente questo l’ambito di pertinenza della CSR – Corporate Social Responsibility aziendale, come è stata ufficialmente definita in anni lontani dalla Comunità Europea: «L’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». In un mercato globale il concetto di Stakeholder è anch’esso di portata mondiale, e non c’è ambito d’impresa oggi che non debba curare la propria reputazione agli occhi dei cittadini. Soprattutto se i cittadini diventano sempre più consapevoli e sensibili al tema della sostenibilità economica ed ambientale, anche nelle proprie scelte di consumo. Le consultazioni pubbliche avviate a più riprese negli ultimi anni e orientate a ricevere stimoli per identificare il ruolo che la Commissione Europea dovrebbe avere nella promozione della CSR, ha consentito alla stessa Commissione di presentare a Bruxelles i risultati dell’indagine durante l’ultimo Multistakeholders Forum on Corporate Social Responsibility, insieme a numerosi attori impegnati sul fronte della CSR in Europa: da loro è emersa la necessità di focalizzare l’attenzione sulla finanza responsabile, di incoraggiare gli investimenti sostenibili di lungo termine e di educare i consumatori alla sostenibilità; inoltre, un accento è stato più volte posto sul bisogno di supportare la creazione di piattaforme per la condivisione delle best practices e sulla necessità di fornire alle imprese delle linee guida chiare per l’implementazione dei principi guida dell’ONU in materia di Business and Human Rights. Si è parlato, ancora una volta, di competitività, di innovazione e di sostenibilità, anche sociale nonché di partnership pubblico-privato e terzo settore, specie nell’ottica del recepimento da parte degli Stati delle Direttive appalti; di diritti umani, di public procurement e di finanza. L’85% dei rispondenti ha dichiarato che lo sviluppo della CSR può avere un impatto significativo per la sostenibilità dell’economia europea. In particolare alla domanda “Perché credi che la CSR sia importante per le imprese?” hanno detto:

  1. le imprese coinvolte in una politica di CSR di lungo periodo sono in grado di identificare meglio rischi e opportunità;
  2. le imprese che adottano linee guida trasparenti creano una vera e propria cultura al proprio interno funzionale ad attrarre e trattenere le migliori risorse professionali;
  3. le imprese che ascoltano e comprendono le aspettative dei propri stakeholders hanno maggiori possibilità di immettere sul mercato prodotti e servizi che possono contribuire alla soluzione di problemi globali;
  4. la Responsabilità sociale d’impresa RSI aiuta ad anticipare rischi ambientali e sociali;
  5. un comportamento responsabile consegna alle imprese una Licenza sociale ad operare sul mercato;
  6. la CSR aiuta a far crescere il valore dell’impresa.

Alla domanda “Perché credi che la CSR sia importante per la società?” hanno risposto:

  1. la CSR fa crescere indistintamente tutti gli stakeholders dell’impresa
  2. la CSR aiuta a ridurre le disuguaglianze e accresce il benessere collettivo
  3. la CSR crea un circolo virtuoso che attraverso una produzione sostenibile contribuisce alla crescita della società civile.

A noi il compito di dire che, poiché i comportamenti responsabili delle imprese fanno bene all’economia, all’ambiente e allo sviluppo della società, ciascun Governo è tenuto a:

  • studiare e applicare un sistema di incentivi fiscali per le imprese impegnate;
  • promuovere campagne di informazione efficaci verso i consumatori;
  • premiare gli atenei che nell’offerta didattica prevedano corsi e seminari sulla CSR intesa come strumento di crescita culturale.

Che la CSR produca vantaggi concreti è d’altra parte un fatto assodato, e anche negli ultimi Forum indetti nella materia non sono mancate molte testimonianze di buone pratiche: l’Olanda e la Danimarca [con politiche locali molto favorevoli alle imprese sostenibili]; la Bulgaria, con una sorta di rating devoluto a imprese responsabili previo controllo da parte dei sindacati, nonché un programma di formazione in materia molto esteso; l’Italia, con la piattaforma interregionale e interministeriale INAIL sulle condotte di impresa responsabile; la Polonia, con un programma di applicazione della Norma Uni En ISO 26000:2020 nella Pubblica Amministrazione; Malta, con una Piattaforma Nazionale governativa per le imprese etiche e sostenibili dal punto di vista ambientale.

L’unica certezza è che senza “responsabilità” non si può più fare business e il tema pressante del cambiamento climatico ha accelerato, per tutti, il tempo della consapevolezza e delle scelte di sostenibilità. Le nuove generazioni ci guardano e non ci sono margini d’errore, non possiamo sbagliare.

Rendicontazione della Sostenibilità

Con l’approvazione in via definitiva del CSRD [Corporate Sustainability Reporting] si segna una svolta epocale nel campo della rendicontazione di sostenibilità. L’Unione Europea ricopre un ruolo sempre più predominante nella lotta contro il cambiamento climatico e da anni è in prima linea per la formulazione di norme e l’erogazione di fondi volti alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile. Non sorprende quindi la proposta della Commissione europea, risalente all’ aprile 2021, sull’obbligatorietà della rendicontazione di sostenibilità. La nuova norma è stata approvata da Parlamento e Consiglio in via definitiva il 28 novembre 2022 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 14 dicembre 2022. La CSRD [Corporate Sustainability Reporting Directive] rafforza la norma precedente introducendo l’obbligatorietà per tutte le grandi imprese e le PMI quotate in borsa, ad eccezione delle microimprese quotate, a rendicontare la performance di sostenibilità. Inoltre, vigerà l’obbligo anche per le società non europee che fatturano almeno 150 milioni di euro in UE. Le aziende saranno chiamate a rendicontare sulla base di standard comuni e vincolanti, gli ESRS [European Sustainability Reporting Standards] forniti dall’Unione europea. Gli standard sono stati elaborati dal gruppo di lavoro EFRAG [European Financial Reporting Advisory Group] e sono allineati con gli standard GRI, le linee guida di rendicontazione di sostenibilità più utilizzate al mondo. La CSRD entrerà in vigore in modo graduale, in particolare:

  • Dal 1° gennaio 2024 per le grandi aziende già soggette alla NFRD [con reporting entro il 2025]
  • Dal 1° gennaio 2025 per le grandi aziende che non ricadevano nella NFRD
  • Dal 1° gennaio 2026 per le PMI, le quali disporranno di un periodo transitorio fino al 2028

L’approvazione della CSRD segna una svolta nel campo della rendicontazione di sostenibilità, infatti, se precedentemente le aziende coinvolte e obbligate a produrre il bilancio di sostenibilità erano circa 11.500, con la nuova norma queste passeranno a quasi 50.000. Sarà quindi essenziale conoscere i temi e gli aspetti da riportare richiesti dalla CSRD. Innanzitutto, le aziende dovranno rendicontare non solo sui temi ambientali, ma dovranno fornire informazioni riguardo materie come i diritti umani, corruzione e riciclaggio, responsabilità sociale, inclusione e diversità e governance aziendale, inoltre dovranno essere inseriti chiarimenti riguardanti l’impatto ambientale e sociale dei propri fornitori. I dati raccolti non saranno più pubblicati in un bilancio a parte, come invece succedeva con la NFRD o per quelle aziende che rendicontavano su base volontaria, ma saranno integrati alla Relazione sulla Gestione di fine anno in modo da garantire agli investitori e agli altri stakeholder una visione complessiva e trasparente. In secondo luogo, la CSRD introduce il concetto di doppia materialità, per il quale le aziende non dovranno più limitarsi a comunicare le loro performance sui temi di sostenibilità, ma dovranno anche evidenziare i rischi legati ai cambiamenti climatici e le questioni relative ai diritti umani e altre tematiche che potrebbero impattare la loro attività.

La CSRD è solo una delle ultime norme approvate in sede europea sul tema della sostenibilità e che si inserisce nello schema più ampio del Piano d’Azione della Finanza Sostenibile. Di quest’ultimo fa parte anche la Tassonomia Europea, aggiornata a gennaio 2023, che ha l’obiettivo di definire, in base a specifici criteri, quali attività economiche si possano definire sostenibili. I criteri individuati dalla Tassonomia vengono ripresi anche dalla CSRD e nel dettaglio sarà richiesto di rendicontare su indicatori chiave di performance per stabilire in che misura le aziende sono allineate ai criteri della Tassonomia. In questo contesto la CSRD si pone quindi come uno strumento utile per guidare gli investitori verso scelte più consapevoli e sostenibili.

E’ il caso di  ricordare, in chiusura, che i padri costituenti italiani ritenevano così importante il tema da averlo inserito in un apposito articolo che recita “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” [Art.41 della Costituzione]

gianni-milanese

Giugno 2023 – Fonte Web

Leggi tutto
adminLa strategia europea per la Responsabilità Sociale d’Impresa e la Sostenibilità

Next Generation Italia per l’Economia Circolare

on 1 Giugno 2023

In questa fase critica di post Pandemia, di belligeranza in corso, di crisi economico-sociale è stata portata in grande evidenza l’Economia circolare. Come noto, l’Economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore. I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Questo tipo di approccio lineare si basa sull’estrazione di materie prime, sulla produzione ed il consumo di massa e sullo smaltimento degli scarti una volta raggiunta la fine della vita del prodotto. Il modello economico tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo.

I benefici dell’Economia Circolare

Nell’Unione Europea si producono ogni anno più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare, in alternativa all’attuale modello economico lineare. La transizione verso un’economia più circolare può portare numerosi benefici, tra cui:

  • Riduzione delle emissioni nocive disperse nell’ambiente
  • Una maggiore disponibilità di materie prime
  • Diminuzione di materiali di scarto
  • Aumento della competitività all’interno del mercato
  • Possibilità di crescita economica [un aumento del PIL dello 0,5%]
  • Aumento posti di lavoro. Si stima che nell’UE grazie all’economia circolare potrebbero esserci 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030.

Esempi di Economia Circolare

  • Produrre tessuti con gli scarti di lavorazione delle arance
  • Realizzare una centrale a biogas partendo dai propri residui di produzione agroalimentare
  • Riciclare gli pneumatici fuori uso attraverso l’utilizzo delle microonde
  • Riuso in cui le materie prime vengono dalla riconsegna di mobili o vestiti usati
  • Riciclare la plastica per la realizzazione di nuovi materiali

Sono questi solo alcuni esempi di prodotti realizzati da aziende virtuose che hanno applicato i principi dell’economia circolare. Alcune di queste testimonianze sono raccolte all’interno del primo Atlante Italiano dell’Economia Circolare, una piattaforma web con cento casi in Italia di realtà ed esperienze di green economy, tra raccolta differenziata, consumo responsabile e recupero dei materiali.

Il Pnrr Italia e l’Economia Circolare

Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza [Pnrr] considera l’economia circolare non un settore a sé, ma la integra insieme all’agricoltura sostenibile e all’impresa verde. In questo modo i fondi garantiti sono in totale 6,3 miliardi di euro, in aumento rispetto alle bozze che erano circolate negli scorsi giorni. Come si legge nel documento, si “punta da un lato a conseguire una filiera agroalimentare sostenibile, migliorando la logistica e competitività delle aziende agricole e le loro prestazioni climatico-ambientali, dall’altro allo sviluppo di impianti di produzione di materie prime secondarie e all’ammodernamento e alla realizzazione di nuovi impianti, in particolare nelle grandi aree metropolitane del Centro e Sud Italia, per la valorizzazione dei rifiuti in linea col Piano d’azione europeo per l’economia circolare”.

Nello specifico, 1,8 miliardi andranno a non meglio precisati progetti per l’agricoltura sostenibile, mentre i restanti 4,5 miliardi andranno così suddivisi:

  • 1,5 miliardi per la “realizzazione di nuovi impianti e ammodernamento degli impianti esistenti per il riciclo”
  • 800 milioni per la “transizione ecologica”, con progetti però ancora “da individuare”
  • 2,2, miliardi per “progetti a bando di economia circolare per riconversione di processi industriali”

Le Priorità

La “novità” è costituita dalla definizione di fondi specifici per il ciclo dei rifiuti. Gli investimenti aggiuntivi di questa linea saranno pari a 1,5 miliardi, si punterà all’adeguamento degli impianti esistenti e alla realizzazione di nuovi impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti con la produzione di materie prime secondarie. Gli investimenti saranno anche finalizzati a potenziare la raccolta differenziata con investimenti su mezzi di nuova generazione e implementando la logistica per particolari frazioni di rifiuti. Gli interventi previsti sono volti in particolare ad affrontare situazioni critiche nella gestione dei rifiuti nelle grandi aree metropolitane del Centro e Sud Italia [ad esempio Città metropolitane di Roma Capitale, Napoli, Bari, Reggio Calabria e Palermo]. Si attueranno azioni comunicative per incrementare la raccolta differenziata e promozione dei centri di raccolta e riuso. Si punta dunque a migliorare decisamente l’esistente e a superare le enormi e ataviche difficoltà che gli addetti ai lavori e i cittadini riscontrano da molto tempo, fra cui l’incremento della raccolta e del recupero dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche [RAEE]; la chiusura del ciclo di gestione dei fanghi di depurazione prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane; la creazione di poli di trattamento per il recupero dei rifiuti prodotti da grandi utenze [porti, aeroporti, ospedali, plessi scolastici]. L’obiettivo è di superare dunque le criticità soprattutto dei grandi centri urbani, con un orizzonte temporale al 2026, mirando soprattutto a una corretta ed efficace chiusura del ciclo dei rifiuti. Col rischio però che la mancata definizione di come si intende agire possa far rispuntare dalla finestra ciò che l’Europa ha tenuto chiuso dalla porta, ovvero tecnologie obsolete e impattanti come impianti di trattamento meccanico biologico e inceneritori. Zero spazio, infatti, viene dedicato alla prevenzione della produzione di rifiuti e a un concetto fondamentale dell’economia circolare, quello per cui “il miglior rifiuto è quello che non si produce”.

Le Strategie

La strategia nazionale in materia di economia circolare si baserà su un intervento di riforma normativa, denominato Circolarità e tracciabilità volto a promuovere la semplificazione amministrativa in materia di economia circolare e l’attuazione del piano d’azione europeo per l’economia circolare. Quest’ultimo punterà a migliorare l’organizzazione e il funzionamento del sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti, per rafforzare l’ecodesign e la simbiosi industriale, riducendo a monte la produzione di rifiuti e per rafforzare la posizione dell’Italia come paese con i più alti tassi di riuso circolare in Europa”. La strategia sull’economia circolare è però tutta da disegnare, anche se il fatto che venga prevista già nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fa ben sperare gli operatori. Per il governo, in ogni caso, la strategia sarà “finalizzata a ridurre l’uso delle materie prime naturali, di cui il pianeta si va progressivamente impoverendo, utilizzando ‘materie prime secondarie’, prodotte da scarti/residui/rifiuti. Per incrementare il tasso di circolarità in Italia vengono proposti interventi per la realizzazione di impianti di trasformazione dei rifiuti finalizzata al loro recupero, partendo in particolare dai rifiuti da raccolta differenziata. La strategia sull’economia circolare interviene su un processo lungo e complesso teso a rendere l’Italia meno dipendente dall’approvvigionamento di materie prime e conseguentemente più forte e competitiva sui mercati internazionali. Per potenziare gli interventi verrà costituito un Fondo operativo per far leva sulle risorse del PNRR destinato a favorire lo sviluppo dell’Economia circolare”.

gianni-milaneseGiugno 2023 – Fonte Web

Leggi tutto

adminNext Generation Italia per l’Economia Circolare