Etica delle TIC Industrie delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione

on 8 Luglio 2024

Come è noto, ormai da alcuni anni ed a maggior ragione in questa fase critica della nostra società e dell’economia, l’Etica è divenuta una sfida globale sia per le Industrie ICT/TIC [Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione] che la teorizzano sia per le aziende che l’applicano.

La Norma europea [EN] 16234-1. La norma fornisce un quadro per classificare le competenze digitali, facendo riferimento a un elenco di 41 competenze, molte trasversali come l’accessibilità, richieste nell’ambiente di lavoro professionale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione [ICT], utilizzando un linguaggio comune per competenze, abilità e livelli di competenza che può essere compreso in tutta Europa .

Le definizioni presentate nel Documento sono progettate per essere applicate a tutti gli attori coinvolti nel settore dell’ICT, come società e professionisti dei servizi ICT, dirigenti e dipartimenti delle risorse umane [HR], istituti di istruzione e formazione professionale, associazioni professionali, accreditamento, convalida e organismi di valutazione, analisti di mercato e responsabili politici, fornendo loro una misura comunemente riconosciuta del talento ICT.

Il Quadro Europeo di Competenza Elettronica [e-CF] fornisce un riferimento a 41 ‘Competenze’ applicate sul posto di lavoro delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione [TIC], utilizzando una lingua comune per competenze e conoscenze che possono essere compresi in tutta Europa. L’e-CF si adatta all’applicazione da parte di organizzazioni di servizi TIC, utenti e forniture, Multinazionali e PMI, per manager ICT, dipartimenti e individui delle risorse umane, Istituti di istruzione, compresi Fornitori di istruzione superiore e certificazione privata, parti sociali, analisti di mercato, responsabili politici e altre organizzazioni nel settore pubblico e privato.

L’obiettivo del Progetto messo a punto dalla UE è di giungere alla pubblicazione di una specifica tecnica CEN  [CEN/TS] quale parte integrante del “Quadro Europeo di Etica professionale per la Professione di ICT” che includa una metodologia ed una Guida alla sua applicazione. Esso mira a rafforzare la professione ICT in Europa e prenderà in considerazione prospettive sfaccettate degli stakeholder da parte degli organismi nazionali: dell’Organizzazione professionale ICT, dei professionisti delle TIC e delle loro prospettive educative. La deontologia è una componente essenziale di qualsiasi attività professionale. Esempi di spicco si trovano nel Diritto e nella Medicina, dove la comprensione reciproca porta a risultati migliori e differenzia le professioni dei posti di lavoro. Una forza lavoro professionale nel settore delle TIC in tutta la società e nell’industria europea sosterrà e migliorerà lo scambio di risorse e servizi ICT nel Mercato Unico Europeo.

Tra gli aspetti affini all’etica delle ITC vi è il Risparmio energetico. Sono circa 20  anni  che le tecnologie dell’ICT permettono un migliore controllo dei processi in settori quali: edilizia, trasporti, industria e distribuzione dell’energia elettrica, ma l’idea di individuare nelle tecnologie dell’ICT un’opportunità per favorire l’incremento dell’efficienza energetica [di grande attualità in questo periodo] è un fatto relativamente nuovo, che potrebbe permettere di risolvere l’incoerenza tra il modello tradizionale di sviluppo economico e la necessità di un continuo incremento dei consumi energetici.

gianni-milanese

Luglio 2024  – Fonte AI

Leggi tutto
adminEtica delle TIC Industrie delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione

Moria di imprese in Italia nel 2023

on 8 Luglio 2024

Dopo oltre un anno di continua decrescita, nel 2023 sono tornate ad aumentare i fallimenti e le chiusure delle imprese. È la fotografia scattata dal Cerved, che mette in luce come nel secondo trimestre del 2023 oltre 12 mila esercizi hanno abbassato la saracinesca. Nel report ‘Le chiusure d’impresa nel secondo quadrimestre 2023 e gli impatti sull’economia reale, l’Agenzia di rating segnala una crescita dei fallimenti delle imprese pari all’1,5% e un’impennata del +26,1% per le liquidazioni volontarie. A conti fatti, sono 2.070 le imprese fallite registrate nel secondo semestre del 2023 [contro i 2.039 fallimenti registrati nel secondo quadrimestre del 2022] e 10.446 liquidazioni in bonis [vs 8.282].

Fallimenti, zone e settori più colpiti

A fallire sono principalmente le piccole e medie imprese del nord-est [+12,1%] e del centro Italia [+11,6%]. A pesare sulle nostre Pmi sono la crisi di liquidità e l’allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori, che spesso e volentieri si trasformano prima in ritardi e poi in mancati pagamenti. Ma chi è che fallisce? A fare numero in questo secondo trimestre sono principalmente le ditte individuali [+27,7%], mentre le società di capitali registrano ‘solo’ un +0.3% di fallimento. A trainare Spa e Srl sono principalmente le aziende dal grosso fatturato, che oscilla tra i 2 e i 10 milioni di euro [+44,8%]. Allargando lo sguardo verso i settori, a fallire sono l’industria [+5,2%] e una fetta dei servizi [+1], in particolare: prodotti da forno [+84,6%], alberghi [+50%] e ingrosso costruzioni [+30%] Seguono poi i servizi sanitari [+33,3%], le lavorazioni meccaniche e metallurgiche [+24%], la carpenteria metallica [+23,1%], servizi informatici e software [+20,8%], la ristorazione [20,3%]. Tutti comparti, spiegano gli esperti del Cerved, che avevano registrato peggioramenti già nel corso del 2022.

Chiusure volontarie: dove e quali comparti

Le liquidazioni volontarie hanno registrato un’impennata del +26,1% rispetto al secondo trimestre del 2022. A chiudere i battenti sono principalmente il settore costruzioni [+33%], servizi [+26,2%] e industria [+22,8%]. Addentrandoci tra i comparti si scopre chi sta soffrendo di più: il comparto metalli registra il picco con un +128.6% di liquidazioni in bonis, a seguire alberghi [+57,9%] e ingrosso per le costruzioni [+50%]. Seguono l’edilizia [+42,2%], il commercio al dettaglio [+41,1%], prodotti da forno [+39,5%], spedizionieri [+37,6%], concessionarie e agenzie di pubblicità [36,2%], distribuzione alimentare Modena [+33,9%] e servizi informatici e software [+29%]. Dov’è che chiudono le imprese? Secondo i dati Cerved, a chiudere volontariamente sono le aziende del nord ovest [+30,7%], del centro [+27,4%] e nel Mezzogiorno [+23,5%]. In particolare, si evidenziano aumenti nell’Umbria [+72,5%], Calabria [+42%], Sardegna [+41%], Sicilia [+39%], Liguria [+36,3%], Lombardia [+33%]. In controtendenza si segnalano invece la Valle d’Aosta [-32%] e il Molise [-3,4%].

Perché le imprese chiudono?

L’aumento in percentuale di fallimenti e liquidazioni in bonis o volontarie sono due fenomeni distinti. Come spiega il Cerved, il fallimento di un’impresa non è un evento estemporaneo, bensì un processo di deterioramento dove problemi finanziari tendono ad accrescere nel tempo e che spesso è anticipato da una riduzione del volume di affari. Diversamente, la liquidazione volontaria è un’istantanea, un vero e proprio indicatore che riflette il peggioramento delle aspettative imprenditoriali nel Paese. Non a caso, la chiusura di un’attività in bonis è generalmente legata a margini attesi non sufficienti a proseguire l’attività. I dati del 2023 fanno emergere una chiara inversione di tendenza: l’impennata dell’inflazione e il conseguente forte rialzo dei tassi di interesse si è manifestata in modo asimmetrico sulle imprese. Per questo, intercettare tempestivamente segnali di allarme e gestire situazioni di crisi avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, è sempre più fondamentale.

gianni-milanese

Luglio 2024 – Fonte AI

Leggi tutto
adminMoria di imprese in Italia nel 2023